Ballate dal buio (Edizione Ulivo, 2005). Il buio rende essenziale il suono e il ritmo. Del suono e del ritmo fa un rifugio. Il rifugio è il luogo dove, drammaticamente, si ricerca la sicurezza, o un riparo almeno dalle intemperie della vita. E le intemperie sono sempre in agguato e, il più delle volte, imprevedibili: nel bel mezzo della primavera, un’alluvione tenta di affogarti; un fulmine ti colpisce mentre cammini in un prato fiorito.
Ti manca la vista, la prospettiva si annulla, il buio ti assedia. In condizioni simili, Fabio Andina ha reagito imbracciando la sua chitarra e il suo banjo; d’istinto si è messo a comporre le sue ballate, temerariamente rassicuranti, per ricapitolare i sentimenti essenziali della sua gioventù: la generosità dell’amicizia, la dolcezza e la brace dell’amore, la tenerezza della sua infanzia lungo la Tresa, le carezze della nonna, gli spintoni della gente sui marciapiedi di San Francisco e anche la sete di giustizia.
La ballata è un contenitore aperto, imprevedibile, che può accostare il sarcasmo scostante con i baci innamorati. La ballata ha stimoli veloci, non ha tempo da perdere, può accostare molte situazioni diverse, così, per esigenza di sentire vivo ogni giorno, ogni attimo. Con ironia, e anche con lacrime asciutte, Fabio ha raccolto questi suoi componimenti di ritmi danzanti e di prose recitative, come in una collana da offrire alla sua donna, un rosario laico di grani duri che, finalmente, alla luce del sole ritornato, si rivelano nei colori e nelle svariate tonalità delle pietre naturali scavate nei più profondi cunicoli dell’anima.
Dalla prefazione di Giancarlo Zappa